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Modlitewny lament Hioba in articulum mortis (Hi 30,20-23)

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dc.contributor.author Posadzy, Andrzej
dc.date.accessioned 2022-07-14T10:07:51Z
dc.date.available 2022-07-14T10:07:51Z
dc.date.issued 2004
dc.identifier.citation Colloquia Theologica Ottoniana, 2004, nr 1, s. 19-31. pl_PL
dc.identifier.issn 1731-0555
dc.identifier.uri http://repozytorium.theo-logos.pl/xmlui/handle/123456789/45
dc.description.abstract Il lettore attento dell’Antico Testamento si confronta quasi immediatamente con un fenomeno che non può sfuggirgli e che quanto meno lo stupirà: nella Bibbia ebraica, con l’eccezione del Salterio, è molto rara la preghiera come espressione di devozione privata. Forse per spiegare questa realtà basta dire che tutta la vita dell’Ebreo, privata o pubblica, è un’incontro con Dio. L’uomo ebraico antico è molto realista e piuttosto estroverso, sembra aver poco tempo per la vita interiore e per la pietà ad essa connessa. Contrariamente agli altri il libro di Giobbe si potrebbe definire tutto una preghiera. Dentro di esso si ne troviamo diverse: la preghiera serena e pura, preghiera drammatica, gli inni di lode, la preghiera diretta a Dio. Una delle più belle incontriamo nel capitolo trentesimo del Libro (30-20-23). È una preghiera in articulo mortis dell’ora della verità su Dio e su l’uomo: è una preghiera di «agonia», di lotta che si conclude nella pace silenziosa e adorante dell’uomo. Giobbe descrive la sua situazione presente in cui lui è umiliato e deriso, osteggiato e abbandonato da tutti, pieno di sofferenze e angosce spirituali e corporali ma il responsabile di tutto questo soffrire è Dio, chi è diventato un nemico crudele. Dopo che il lamento e la supplica di Giobbe diventano accusa, ma non mai bestemmia. Giobbe non trova facile rifugio, ma non sa staccarsi dal suo Dio. Vede invece che la sua preghiera è inutile: Dio tace e sembra assente. Anzi sembra scagliare il mondo stesso coi suoi elementi sconvolti (il vento e la bufera) contro un povero uomo. Il problema è del dolore vissuto dentro la fede in Dio anche questo è primo motivo di parlare con Dio nel lamento. Giobbe, nei vv. 20-23, rimane solo nella scena per ricordare il tempo passato felice, poi si lamenta della sventura ora presente in netto contrasto con il passato. Giobbe sente il dolore fisico nella carne e ossa e nelle viscere, la pena oscura dell’anima, l’angoscia della morte e sopratutto l’ostilità di un Dio divenuto carnefice. it
dc.language.iso pl pl_PL
dc.publisher Wydział Teologiczny Uniwersytetu Szczecińskiego pl_PL
dc.rights Attribution-ShareAlike 3.0 Poland *
dc.rights.uri http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/pl/ *
dc.subject Hiob pl_PL
dc.subject Hi 30 pl_PL
dc.subject lament pl_PL
dc.subject modlitwa pl_PL
dc.subject biblistyka pl_PL
dc.subject Bible en
dc.subject Biblia pl_PL
dc.subject Pismo Święte pl_PL
dc.subject teologia pl_PL
dc.subject theology en
dc.subject filologia pl_PL
dc.subject philology en
dc.subject krytyka tekstu pl_PL
dc.subject cierpienie pl_PL
dc.subject biblical studies en
dc.title Modlitewny lament Hioba in articulum mortis (Hi 30,20-23) pl_PL
dc.type Article pl_PL


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